SIAMO ANCORA ITALIANI BRAVA GENTE ? (Riflessioni)

Ma la volete finire di cercare di farmi sentire “coinvolto” nelle disgrazie nazionali titillando il mio spirito civile chiamandomi in causa come “ITALIANO”?
“Cosa hanno fatto agli italiani…” “Rubare nelle case degli italiani…” “…I cittadini italiani…”

‘Sto nazionalismo da tre soldi (e non c’è un nazionalismo da cinque soldi. Sempre da tre soldi è).
Come se i disgraziati in Francia, in Germania, in Australia, in Burkina Faso non avessero gli stessi problemi dei disgraziati italiani.
E come se poi significasse qualcosa, essere italiani!
L’Italia è Italia per confini meramente politici, meramente amministrativi e di potere.
Non significa un cazzo essere “italiani”, se non “essere nato accidentalmente dentro i confini disegnati a tavolino da anni di  guerre, morti, fame e pestilenze tra re, signori e signorotti, e rotti nel pretèrito cantando.
L’unica cosa che distingue essenzialmente un italiano da un danese è la lingua.
E manco. Ché la “lingua” non è una differenza “essenziale”.

Continuiamo così!
Però nessuno è razzista, eh?

NO, INVECE! LO SIETE!

Mica razzista vuol dire solo fare una questione di superiorità o inferiorità di RAZZA (che pure vi fate, ipocriticelli, nella testa…)
Significa porre comunque la questione razziale. Porre la diversità umana a seconda che si nasca a Pinzimonio o a Cazzimperio. E non riconoscere la specie umana come un insieme organico, con gli stessi bisogni e una evoluzione (specie oggi, con la “globalizzazione”) a passo comune.
Ci sono delle differenze culturali, certo… Se nasci in un luogo dove è cultura, che so?, scricchiare a legnate tua moglie, e per te è normale e giusto, questo fa di te un uomo diverso da un altro che non lo fa…
PUTTANATE!
A parte che tutti i mali vengono sempre dal potere, di qualunque colore o confessione sia
(o meglio, per non fare i complottisti che vedono prima porsi il potere, in alto, e poi uniformare alla propria volontà la gente in basso… Procedimento assurdamente falso e di un’antistoricità paurosa. Ma non è un caso che i complottisti gli unici libri che leggano – tra i pochi complottisti che leggono – siano solo quelli che scrivono altri complottisti. E di cultura vera, cioè di quella che parla della verità, ne abbiano zero;
in realtà anche la “sottomissione” della donna è una questione “culturale” che nasce dal basso. E infatti comune in gran parte delle “culture”; ma la cultura di un popolo, così come naturalmente nasce, così naturalmente procede e supera certe concezioni. Quand’è che, allora, interviene il potere? Quando una “certa concezione” passato, istituzioni e interessi che ci poggiano sopra non VOGLIONO che la si superi. La reazione. Il conservatorismo. Ecco la questione del potere).
Ma a parte questo, dico, sono puttanate perché, allora, come quel povero coglione ignorante è sottomesso alla ideologia del PROPRIO potere, così anche tu lo sei.
Lui reagisce alle aberrazioni del proprio potere così come tu reagisci a quelle del tuo. Differenza puramente formale.
L’unica verità, allora, è che nel mondo esistono poveri, costretti a sorbirsi le minchiate del proprio potere, e potenti che quel potere incarnano.
Parlatemi di umanità in termini di classi, allora… Non di confini territoriali inesistenti creati solo per spartirsi in fette l’umanità a cui rompere il culo.

“Italiano” vostra madre c’è!
Il mio filosofo preferito è tedesco, il mio cantante preferito è francese e così il mio scrittore, il mio critico  preferito è russo, il mio politico pure, il mio pittore è olandese. E sono nato in Sicilia, la terra che forse ha avuto più dominazioni al mondo; Greci, Romani, Arabi, Spagnoli, Normanni, e chi più ne ha più ne metta. Qualsiasi popolazione nominate, quel porto di mare di 6.000.000 abitanti ce l’ha avuta.

Ah, e le seghe me le tiravo con Edwige Fenech.

Io.

‘Mbecilli.

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Prezioso contributo del compagno
Salvo Lo Galbo

Compagno Graber

NON È PIÙ TEMPO DI CONTRATTAZIONE. ORA BISOGNA AGIRE.

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La storia ci insegna che solo distruggendo il sistema capitalista, le sue istituzioni, il suo esercito, sconfiggendo le armate nemiche, il proletariato organizzato può vincere e instaurare il suo potere.

Le lotte, gli scioperi, le ribellioni, i gesti estremi, come sempre più avviene nella crisi, sono importanti, dimostrano la resistenza della classe operaia, dei disoccupati, degli indigenti, ma se il potere rimane nelle mani della borghesia imperialista, prima o poi lo stato costringe  “pacificamente”, per fame o con l’uso della forza, i lavoratori a scendere dalle ciminiere e dalle gru, a rientrare nelle fabbriche, ad “accettare” la cassa integrazione, a subire i licenziamenti. Obbliga disperati e senza lavoro a rientrare “nei ranghi”.

La “pace” democratica borghese è fondata su istituzioni che illudono le masse proletarie e sottoproletarie sulla possibilità di difendere per via parlamentare o sindacale i loro interessi delegando ai partiti e sindacati e questo permette ai capitalisti di salvaguardare i loro interessi con la rapina “pacifica” del lavoro salariato.

Per questa massa di persone per cui le uniche cose che potrebbero perdere rimangono solo le proprie catene , l’unica salvezza per uscire dalla crisi è di strappare il potere alla borghesia, ed è pura illusione pensare che sia possibile pacificamente, tramite il voto, imporre un governo “popolare” quando tutto l’apparato economico, politico, militare rimane in mano ai borghesi. 

Per i borghesi, libertà, democrazia, coesione e pace sociale significano semplicemente libertà di sfruttare senza impicci e di questo ci si comincia a rendere conto…ma ancora non basta, bisogna lottare, andare avanti.

Un ringraziamento speciale al compagno Bert Roug per il prezioso contributo.

Compagno Graber

Il conformismo del Roberto nazionale.

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Contributo e commento di
Salvo Lo Galbo.

Caro Benigni,
con tutta la stima, lo sai, l’affetto, e quasi l’idolatria che mi lega (o mi legò) a te, dai tuoi esordi al ’97…,
volevo chiederti:

1)
perché nel primo comandamento non hai precisato che l’introduzione,
ovvero “Io sono il Signore Dio tuo…”, era preceduto da “POPOLO D’ISRAELE, ASCOLTA!” – così, tanto per contestualizzare il nazionalismo (se di nazionalismo ante litteram si può parlare) e la fortissima caratterizzazione e marchio ETNICO di Yahweh, il dio ebraico, e magari partendo con una spiegazione di come la religione ebraica non nasca come morale universale per il mondo tutto, ma ad appannaggio esclusivo del popolo d’essa creatrice, ovvero quello israelita?
Niente di male, in ciò. Tutti i popoli che creano una religione, la plasmano a proprio uso e consumo, geograficamente, moralmente e politicamente.
Solo, avrei apprezzato l’onestà intellettuale e lo sforzo di strappare all’illusione collettiva (che perdura da secoli grazie a Santa Madre Chiesa) la convinzione che in quella religione, e quindi in quelle leggi e quel Dio, ci sia qualcosa di universalmente valido. Chiaramente, nel concetto di “universalità” così come lo intendiamo oggi.

2) Non nominare il nome di Dio invano.
Perché non hai parlato di tutte le volte, nel corso della Bibbia, in cui s’invoca il nome di Dio per uccidere, far razzie, bruciare, maledire, ecc ecc?

3) Ricordati di santificare le feste.
Perché…
Perché niente. Niente da dire. Qua o sei coglione, o non c’è proprio da discutere.

4) Onora il padre e la madre.
Perché, al posto di quel pippione di tre ore, non dicevi che la società giudaica del tempo che fu, era una società fottutamente patriarcale, dove i PADRI potevano disporre dei figli nel bene e nel male, a propria esclusiva giurisdizione, e al figlio, benché, magari, assai più assennato del babbo, era interdetta qualsiasi decisione?
Come nel caso di Giacobbe ed Esaù, col padre Isacco rincoglionito che per inganno lascia l’eredità a Giacobbe, secondogenito, e non ad Esaù, come avrebbe dovuto, ma la decisione era ormai irrevocabile perché IL PADRE AVEVA PARLATO?
Perché non denunci l’aberrazione di quel modo di fare, la retrività di quella storia e benedici il cielo che ne siamo usciti, e diamo adito alla ragione, non all’asseverimento patriarcale bruto e fascistoidale (per quanto si parla con questi termini sempre ex-post, quindi impropriamente, ma certamente più “propriamente” di uno che vuole riportare in auge quel modello etico e sociale?)
Perché non CONTESTUALIZZI quello che minchia stai dicendo, anziché ricoprire di polvere di cacao una torta di merda, “attualizzando” disonestamente e trasformando il dogma biblico in qualcosa ALTRO DA SE’?

5)
Non uccidere.
Perché non racconti di quando Mosé, sceso dal Sinai e sorprendendo i suoi epigoni a venerare il Vitello d’Oro indisse un massacro cruentissimo decimando il suo popolo dei tre quarti? Ed aveva appena ricevuto il comandamento “Non uccidere” dal Nostro Signore. E quando ritorna su, in cima, quest’ultimo non gli dà nemmeno una tiratina d’orecchi, come a dire “Eh, Mosè! Però t’avevo detto di non uccidere, e m’hai fatto un ecatombe?”…
Perché non SPECIFICHI che quel NON UCCIDERE valeva solo per chi, come da primo comandamento, onorava IL DIO D’ISRAELE?
E del resto, il Dio stesso dava superbi esempi sul modus operandi da perseguire, facendo stragi di infedeli e culattoni, come a Sodoma?
Dé.

6)
Non commettere atti impuri.
Perché sei partito con la tiritera retorica di quant’è cattiva la chiesa che ci ha proibito per anni la masturbazione, mentre la Bibbia non dice che non bisogna masturbarsi, ma intima a “Non commettere adulterio” (questa era la formulazione originaria della legge), quando sai benissimo che NEL CORSO DELLA BIBBIA, a un personaggio, per esempio, che risponde al nome d’Onan (e tu, caro Roberto, con la tua cultura immensa, di certo non ne sara inscio), usava un metodo particolare di coito, vale a dire “il salto della quaglia”, per dircela con parole d’oggi, e Dio lo punì perché questo era un modo di “disperdere il seme” impuro, e molto prossimo, si conviene, alla masturbazione?

7)
Non rubare.
Perché non hai parlato del profitto e del plusvalore? Del capitalismo che è tutto un furto legalizzato? No, te lo chiedo perché in altri tempi lo avresti fatto. Com’è che adesso t’è venuta la “travaglite”? Ché “il furto è solo il mafioso, o il negriero disonesto che assume in nero”?
Il capitalista onesto fa ancora più schifo del capitalista disonesto. Almeno quello non aderisce ipocritamente alla morale del buon cytoienne, e denuncia l’ipocrisia del capitalismo in sé e la sua irregimentabilità irrazionale e belluina alle etiche-etichette dei “santi sentimenti” borghesi?

8)
Non dire falsa testimonianza.
Simpatica la cosa che “a volte le bugie sono necessarie”. Quasi a foraggiarne tutta l’enorme balla biblica che, però, stando a quanto dici, sarebbe una balla necessaria, se non eroica, addirittura!
Proprio direttamente figlia del materialismo storico, una posizione del genere.
Pareva di sentire parlare Andreotti.

9)
Non desiderare la donna d’altri.
Perché non hai, come una volta facesti, reiterato l’assurdità di una simile legge valida solo per gli uomini, e evidenziato, con ciò, il maschilismo (sempre impropriamente parlando) della legge mosaica del tempo?

10)
Non desiderare la roba d’altri.
“Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi/ che hanno una donna e qualcosa”.

E infine, caro Benigni, volevo chiederti,
come ci si sente a passare dalla parte di uno che vuole ELEVARE il popolo e la coscienza sociale in senso rivoluzionario, anche andando contro i propri interessi (sappiamo le mille scomuniche, le censure, le stroncature di critica e botteghino che hai patito, quando eri un altro, quando eri vero),
alla parte, adesso, di uno che dell’ignoranza popolare ci gode, ci sguazza e ci trae anche tanti dindini?
Come ci si sente a passare da comunista ad “immondizia della Storia”?

Caro Benigni,
io non so che cosa ne sarà di me, tra quarant’anni.
Ma più guardo te e quelli come te, più tutte le forze della mia esistenza si concentrano a fare sì, in tutti i modi possibili, che non mi riduca al tuo livello.

Viva il PD, Papa Francesco e 4 milioni di euro per avere fatto felice un popolo di boccaloni e, loro malgrado, ignoranti come gli italiani.

Grazie per il tuo importantissimo tributo alla rivoluzione e alla verità!
Il tempo ti renderà merito.

Compagno Graber

Belgio: una prova di forza

Sinistra Anticapitalista

L’articolo, ripreso da Movimento operaio che vi proponiamo è stato scritto il giorno prima dello sciopero generale che ha coinvolto tutto il BelgioLo sciopero è riuscito. In molte zone del Belgio la partecipazione è stata maggiore rispetto agli scioperi  a ventaglio che hanno coinvolto le diverse città e regioni del paese le settimane precedenti (vedi cronache dal Belgio in lotta). A differenza di quanto è avvenuto in Italia, dove le burocrazie sindacali hanno timore di una lotta prolungata che potrebbe sfuggirle di mano, in Belgio le lavoratrici e i lavoratori sono impegnati in uno scontro durissimo contro il governo che sta attuando misure simili a quelle di Renzi. Eppure il 12 dimostrato che anche in Italia vi è una forte disponibilità alla mobilitazione. In Belgio ora lo slogan più frequente è “dopo il 15, si continua!”. Deve essere da esempio anche al movimento dei lavoratori nel suo…

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NEL 2014 SÌ CHIAMA JOBSACT MA I COMPAGNI NEL 1971 AVEVANO PREVISTO TUTTO

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Un destino perfido
estratto dagli atti del processo “Insurrezione”

BRIGATE ROSSE

Quando il 23 aprile del ‘43 i partigiani, i gappisti, i sappisti festeggiarono la vittoria dell’”insurrezione”, la Liberazione, non sapevano ancora quale perfido destino li stava attendendo.
Ciononostante, quasi per istinto, i comunisti rivoluzionari non consegnarono le armi. Le tennero a portata di mano ben sapendo che quelle erano il fondamento del loro potere e rimasero pazientemente in attesa di un grido di rivoluzione che il Partito Comunista si guardò bene dal dare.
Nel ‘48 con l’attentato a Togliatti, esplose la rabbia per non essere andati fino in fondo tre anni prima. L’odio proletario contro i padroni e contro lo stato rimbalzò di città in città, di piazza in piazza. Ancora una volta i partigiani impugnarono le armi e rimasero in attesa di “istruzioni”, di indicazioni rivoluzionarie. E ancora una volta il loro partito raccomandò la calma, li invitò a ritornare alle loro case, a ritornare nelle fabbriche dei padroni.
Da quel momento le idee di liberazione che avevano armato il braccio e il cuore delle masse proletarie italiane si infransero, sempre più duramente, contro la muraglia legalista, elettoralista e riformista che il Partito andava innalzando fra l’autonomia e il potere.
Il disarmo fu totale. Disarmo politico. Disarmo militare. Questo era ciò che volevano i borghesi che si trovavano al governo dello stato.
Seguirono anni tremendi: il post fascismo e la ricostruzione.
Mentre Valletta ritornava con l’aiuto delle “forze alleate” alla direzione della Fiat, liquidava i Consigli di Gestione, licenziava centinaia di avanguardie operaie e ne metteva nei “reparti confino” altre centinaia, la polizia scelbiana picchiava nelle piazze e assassinava i contadini nel meridione.
Con salari di fame e sottoposti al terrorismo più brutale i proletari italiani trangugiarono il fiele della “ricostruzione” dell’Italia dei padroni del vapore.
Le forze reazionarie intanto andavano ricostruendo la loro dittatura all’ombra dei grandi padroni e con la protezione dello stato.
Fu così che Tambroni nel luglio ‘60 e De Lorenzo quattro anni dopo, provarono a dare uno sbocco a quelle spinte autoritarie-fasciste che mai erano state del tutto distrutte. Il gioco allora non riuscì, era troppo grezzo, ancora prematuro.
Ci vollero le possenti lotte operaie e studentesche del ‘68-‘69.’70, per portare a galla tutto il lerciume reazionario che si era accumulato, tra gli anni ‘50 e gli anni ‘60, al fondo delle nostre istituzioni.
Furono queste lotte infatti, che riproponendo al proletariato italiano nuovi e profondi contenuti di liberazione, costrinsero i padroni a stringersi in una nuova unità, intorno ad un progetto di reazione, di riorganizzazione anti-proletaria, repressiva e neofascista del potere.
Con la strage del 12 dicembre questo lugubre disegno prese forma, acquistò peso e sul cadavere di 16 lavoratori iniziò la costruzione del nuovo stato: lo stato della violenza anti-operaia, della repressione e della crisi.
Ma le bombe di piazza Fontana sortirono un esito imprevisto: invece di affossare il movimento rimbombarono come campane a morto per l’intero regime degli ultimi 25 anni; invece di sbarrare la strada alla avanzata proletaria misero a nudo la crisi di regime che lacerava il nostro paese.
Crisi di regime, crisi strutturale, risultato tanto delle contraddizioni interne al blocco imperialista quanto dell’incapacità dimostrata dalle classi dirigenti a promuovere una politica economico-sociale d’interesse popolare; tanto del rifiuto opposto dalle avanguardie rivoluzionarie alle linee difensive e legaliste proposte dalle organizzazioni riformiste, quanto del livello raggiunto dall’autonomia operaia nelle grandi fabbriche e sui grandi temi della lotta per il potere.
E sono proprio i venti della crisi che ridanno fiato alle trombe (ed ai tromboni) del fascismo. Infatti, è proprio in una situazione di diseguale sviluppo economico, nell’aggravarsi degli squilibri tra nord e sud, nel tracollo della piccola e media industria, nella disoccupazione crescente, nell’opposizione livida e violenta degli agrari, degli industriali, degli speculatori allo spettro delle riforme di struttura, nella crescita incontrollata dei prezzi, nell’aumento delle tasse, nella ribellione di settori proletari sempre più vasti alla politica criminale dei padroni, che trova alimento la ripresa neofascista nel nostro paese.
Ma il neofascismo, questo figlio e becchino del Centrismo e del centro-sinistra è un male diffuso che non risparmia alcuna istituzione.
Non è solo la repubblica di Sbarre, o il IX Congresso del MSI, la campagna de Lo Specchio contro Mancini o le bombe di Catanzaro, il siluro tattico contro Borghese o le manifestazioni della maggioranza silenziosa, il neosquadrismo o il neocorporativismo.
Non sono solo i 150 attentati terroristici o le 250 aggressioni avvenute a Milano in questi ultimi due anni.
Neofascismo è anche, e soprattutto, l’uso anti-operaio della crisi: la “normalizzazione” della cassa integrazione per migliaia di lavoratori, il licenziamento di massa a scopo intimidatorio nei confronti dell’intera classe operaia, la non applicazione delle conquiste contrattuali, l’uso massivo dello spionaggio politico nelle grandi aziende a scopo di controllo…
Neofascismo è anche e soprattutto la volontà terroristica dì considerevoli porzioni della magistratura, e vogliamo dire di quei magistrati che ammazzano con calma tenendo rinchiusi in qualche galera, nonostante la palese innocenza i Pietro Valpreda, o che si trastullano coi processi politici contro i compagni dei gruppi rivoluzionari e le avanguardie di lotta del movimento.

Neofascismo sono i Guida, i Vittoria, i Calabresi, i Mucilli, i Pancasa delle varie Questure della nostra penisola.
Neofascismo sono gli Amati, i Caizzi, gli Occorsio, i Colli, i Calamari e i porci di questa fatta nei vari tribunali della penisola.
Ma neofascismo sono anche i Piccoli o i Misasi, gli Agnelli o i Pirelli con la lurida catena dei loro servi, dei loro cani da guardia, dentro e fuori i cancelli delle fabbriche e delle scuole.
Oggi una lotta è in corso tra le forze politiche che siedono in parlamento per chi debba rappresentare la sintesi suprema di quest’immensa miseria: la carica di Presidente della Repubblica.
Ai candidati sono richieste tre fondamentali qualità:
– la ferma volontà di distruggere l’autonomia operaia;
– l’intransigente decisione a decimare le avanguardie politiche della sinistra rivoluzionaria;
– l’ostinata vocazione ad impedire la nascita di una nuova sinistra armata.
Al futuro manovratore della macchina statale i suoi grandi elettori chiedono: ordine, produttività, repressione.
Discutere sulla rosa dei candidati è dunque un fatto secondario.
Non un fatto inutile, ma secondario. Moro, Fanfani o la riconferma del Presidente della strage non sono che varianti tattiche dello stesso gioco.
Il “fanfascismo” altro non può essere che l’interpretazione, forse più estrosa, di un copione comunque obbligato.
Di fronte a questa scadenza la nostra reale preoccupazione è dunque quella di intravedere, tra le ombre e tra i giochi coperti, i fili dell’offensiva tattica della borghesia contro il movimento di lotta e le sue avanguardie. Perché, spezzare quest’offensiva tattica, noi siamo convinti è il compito principale delle forze rivoluzionarie in questo momento.
Ma ciò presuppone chiarezza su almeno due questioni centrali.
La prima è che non sono più i tempi dello sviluppo, tempi in cui la generalizzazione dei contenuti dell’autonomia proletaria nel movimento era di per sé una forza produttiva rivoluzionaria.
La seconda è che in questa fase di ”crisi” il destino della lotta proletaria è consegnato all’organizzazione e alla capacità di attacco in primo luogo delle avanguardie rivoluzionarie.
Questo per noi vuoi dire che per spezzare quest’offensiva tattica della borghesia è necessario innanzi tutto accelerare quel processo già in atto, di trasformazione delle avanguardie politiche che il movimento ha formato in questi ultimi anni, in avanguardie politiche armate.
Il problema che abbiamo dinanzi è dunque in primo luogo una questione di strategia. La sinistra rivoluzionaria deve dichiarare, messa alle strette dal torchio del potere, da che parte combatte. I margini per l’opportunismo pratico sono sempre più ristretti cd i sabotatori della rivoluzione sempre più scoperti.

Dobbiamo averlo chiaro: extraparlamentare oggi non vuoi dire più nulla. La discriminante è sempre più nitida e passa tra chi intende costruire una sinistra armata e chi intende prolungare l’infanzia impotente dei gruppi; tra chi vuoi conservare la matrice sessantottesca e chi si batte per una rifondazione dell’avanguardia di classe come avanguardia politica e armata; tra chi intende separare il “politico” dal ” militare” e chi intende elaborare una strategia unica politico-militare e quindi costruire un tunica organizzazione proletaria politica e armata.
Le Brigate rosse lanciano in questi giorni una campagna di lotta contro il neofascismo; lasciano ad altri il terreno delle grandi campagne di opinione per praticare quella dell’azione diretta.
Le Brigate rosse intendono proseguire nel “processo popolare contro tutti i fascisti” e realizzare altri momenti di giustizia proletaria; intendono dare ulteriori contenuti alla parola d’ordine :NIENTE RESTERÀ IMPUNITO.
Le “Brigate rosse” vogliono riversare sulle carogne del neofascismo e dello stato che lo produce tutto l’odio proletario, concentrato e organizzato, che anni d’impotenza hanno accumulato.
Ma soprattutto le Br puntano, facendo questa scelta d’attacco, a rafforzare i primi nuclei di potere proletario armato che si sono organizzati nei più importanti rioni popolari e nelle più grandi fabbriche metropolitane.
Compagni,
LA RIVOLUZIONE COMUNISTA E’ IL RISULTATO D’UNA LUNGA LOTTA ARMATA CONTRO IL POTERE ARMATO DEI PADRONI!
Questo è l’insegnamento fondamentale che ci viene dalla Comune di Parigi, dalla rivoluzione bolscevica, dalla rivoluzione cubana e da quella cinese, dal che e dal Vietnam, dalle forze che oggi combattono nei paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina e dai gruppi rivoluzionari combattenti delle grandi metropoli imperialiste.
Questo è il contenuto fondamentale di liberazione che è stato definitivamente abbandonato dalle organizzazioni storiche del movimento operaio italiano.
Le “Brigate rosse” alzano questa bandiera contro il neofascismo, contro lo stato che lo produce, per la liberazione, per il comunismo!

POTERE AL POPOLO!

Brigate rosse
novembre 1971

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DAL 1975 AL 2014 NULLA È CAMBIATO.

La forte caduta del saggio medio di profitto produce una notevole diminuzione della forza lavoro utilizzata in rapporto alla popolazione complessiva. Tutto ciò produce e produrrà sul tessuto di classe modificazioni stabili che si possono cosí schematizzare. Rispetto alla popolazione complessiva si avrà:
a) una diminuzione continua di salariati con occupazione stabile; b) un aumento dell’esercito di riserva, cioè dei salariati con occupazione instabile;
c) un aumento di emarginati (quella parte della popolazione che sarà espulsa in modo definitivo dal processo capitalista); Rispetto ai comportamenti di classe si può cosí ipotizzare: a) salariati con occupazione stabile: una parte riflette il livello di coscienza immediata di difesa della loro condizione. Costoro formano la base materiale del riformismo. Un’altra parte, ed è lo strato piú produttivo (l’operaio della catena), sviluppa la coscienza rivoluzionaria, dell’abolizione del lavoro salariato.
b) emarginati: sono utilizzati dalla società dei consumi come consumatori senza salario. Da questa contraddizione nasce la “criminalità.” L’utilizzo “economico” della criminalità da parte del capitalismo consiste nel fatto che essa contribuisce alla distruzione delle merci necessarie per poter continuare il ciclo. Per intenderci: si potrebbero benissimo costruire automobili a prova di ladro, ma ciò va contro gli interessi della FIAT. Una parte degli emarginati riflette a livello immediato la coscienza borghese: estremo individualismo, aspirazione ad un sempre maggior consumo. Un’altra parte riflette la coscienza rivoluzionaria dell’abolizione della loro condizione di emarginati, da cui l’abolizione della società fondata sul lavoro salariato;
c) esercito di riserva: i livelli di coscienza sono dati dall’intreccio dei livelli riscontrabili all’interno dei salariati con occupazione stabile e degli emarginati.
TRATTO DA BIBLIOTECA MULTIMEDIALE MARXISTA.
TRATTATO POLITICO BR 1975 PIÙ CHE MAI ATTUALE.

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Piazza Fontana 12 dicembre 1969 – “Il primo atto di guerra civile contro il proletariato”

LA STORIA PERDUTA

Non ho parole nuove per la Strage di Piazza Fontana, nulla che non sia già stato detto più e più volte, sempre con la stessa rabbia e il medesimo senso di impotenza.

Quest’anno ho deciso, quindi di lasciare la parola ai compagni di allora.

A distanza di oltre 40 anni queste analisi conservano tutta la loro validità.

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Da un volantino del 14 dicembre ’69:
“Dietro gli assassini di Milano non ci sono solo i fascisti veri e propri, ma ci sono, da un lato le forze borghesi più arretrate e parassite […] dall’altro l’ala avanzata e riformista della borghesia che vuole rinsaldare attorno alle istituzioni «repubblicane e democratiche» del patto costituzionale la propria unità di potere nell’oppressione e nello sfruttamento.”

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Da un volantino del Collettivo operai-studenti del 16 dicembre 1969 dal titolo: “I soli assassini sono i padroni”
Sappiamo bene che cosa sia questa democrazia, sappiamo bene che cosa abbia dato questa Repubblica democratica fondata…

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A PROPOSITO DI SBIRRI

CON ENORME PIACERE E UN SPECIALE RINGRAZIAMENTO
UN COMMENTO E UNA RIFLESSIONE SCHIETTA DEL COMPAGNO SALVO LO GALBO SUL SISTEMA STATO E DEL COMPORTAMENTO DELLA COSIDDETTA “SINISTRA”. SUGLI EPISODI DELLA MANIFESTAZIONE DEGLI OPERAI AST DI TERNI.

Che poi:sbirri menano operai, e tutto si risolve come?
D’improvviso non esistono responsabilità dirette, competenze specifiche, identificazioni, denunce, una sega.Landini s’incazza, sì, e siamo molto felici che s’incazza. E una volta che ti sei incazzato?A parte che certo “operaismo” da PCI anni ’30 sta veramente sui coglioni; è borghesia di Sinistra.Se sbirri di merda picchiano studenti, precari, disoccupati, tossicodipendenti, froci, NoTav, NoMous, negri, puttane e non so che altro, allora tutta ‘sta indignazione non s’è mai levata.Succede con gli operai, e allora “Oh, Signore! Gli operai, gli unici onesti, pagano le tasse, gli unici che lavorano, e li picchiate?”I signori della Sinistra (di certa Sinistra, non certo io, e non certo noi)dimenticano, nella loro deriva assolutamente cattorepubblicanae borghese, che valori come “onestà”, e pagare le tasse, e tanto più il LAVORO STESSO, sono cose che si comprano.L’onestà te la compri, da che società è società.Facile parlare di onestà quando hai i soldi per vivere, male o bene ma vivere, e non hai bisogno di delinquere. E così pagare le tasse.Pare che sono valori calati dall’alto che gli operai, siccome sono brave persone, hanno scientemente e liberamente scelto di accettare, e tutta la restante marmaglia no, quindi non c’è da scandalizzarsi troppo se le autortià li picchiano, perché tanto è gentaglia poco “onesta”.Porca puttana, veramente chi ancora fa l’operaio, rispetto a un mondo dove si fa la fame più nera, i giovani sono in mezzo a una strada, sfruttati, sottopagati e sempre esclusivamente in nero, chè manco la pensione ci si possono assicurare, con una vita di “lavoro” passato così,fa parte di un elite privilegiata.Quindi, questo per dire quanto fastidio tutto ‘sto scandalizzarsi da parte della sinistrucola borghese di merda, Camusso, Landini, Renzi e co.,quando per altri casi (e ce ne sono stati!) di abuso di potere da parte di sbirri contro soggetti diversi dagli operai, che, se possibile (e lo è! Minchia se lo è!), stanno ancora peggio degli operai,nessuno ha arricciato il naso.Anzi, tutti felici a collaborare con la magistratura (troia e borghese pure lei!), per individuare questi sporchi, stracciati, laidi e pulciosi facinorosi e fargliela pagare!Ma poi, a parte questo;”Renzi abbassi i manganelli!”,”Un episodio triste!”, “Brutta giornata per tutti!”,come se, Dio Cane, la cosa successa fosse la conseguenza naturale di una precipitazione atmosferica (“Eh, brutta giornata, sì!”, la Destra),o nel migliore dei casi (la signora Camusso) colpa diretta del gioverno!”Renzi abbassi i manganelli”?Ma Renzi abbassi cosa, ma ci sei o ci fai?Sì, gli sbirri erano là, hanno fatto una telefonata direttamente a Renzi, gli fanno”Ma che facciamo?”, e quello “Manganellate!”…Cazzo c’entra Renzi?Renzi c’entra col perché della manifestazione, ma non certo per com’è andata a finire.Ci sarà un cornuto e becco che, a un certo punto, ha dato l’ordine ESPLICITO di manganellare,o ci saranno dei nomi e cognomi specifici di ‘sti figli di troia che arbitrariamente hanno deliberato di malmenare o no?No.Non esistono responsabilità dirette, è una questione di classe, non si ragione in termini individuali, giusto.Perché LORO, i padroni, sono una classe, e ne hanno ben coscienza, e si difendono e portano avanti la loro Storia come classe;siamo noi che non siamo più un cazzo,non siamo più un popolo, non siamo più proletariato, non siamo più massa che lotta, non siamo.E allora, al minimo estintore che vola, subito, identikit, foto, giornali, intercettazioni, spionaggi, profili fb resi noti a tutto il mondo “Il giovane, fino a pochi giorni prima, aveva espresso le sue simpatie estremistiche nei confronti della lotta armata”, già mi ci vedo se mi succede a me, di scassare la testa a qualche sbirro fascista servo del Potere di merda!)…Quando sono loro,quando è il Potere ad attaccare, si rompono i telefoni.Insulti random che non significano niente, accuse a soggetti sbagliati, non si entra nello specifico mai, nessuno paga.Perché nessuno deve pagare.E questa non è casta.E questa non è dittatura.E questa non è la proverbiale lotta di classe della cui esistenza si ricordano solo i padroni, e solo i padroni la portano avanti e la vincono, in culo a tutti gli altri.

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